Sfincione

 Una pietanza che lega, saldamente, la città di Bagheria alla tradizione culinaria palermitana è lo “Sfincione”. Simbolo della cucina popolare locale, in realtà ha origini aristocratiche e la sua storia si colloca a cavallo tra il Regno delle due Sicilie e la dinastia dei Borbone. Lo Sfincione, una specie di torta salata, da molti definito come il panettone siciliano per la sua valenza celebrativa e natalizia, nasce in un convento a Palermo, dove le monache crearono un disco di farina di semola al quale aggiunsero dei pezzettini di caciocavallo fresco e cipolla insieme ad intingolo di carne e salame candito aromatizzato con del vino. Successivamente, viene rielaborato dai Monsù diventando così il piatto ufficiale della nobiltà palermitana. Diversi gli elementi che ne determinarono l’appartenenza aristocratica: la salsa di cipolla e olio, l’assenza di pomodoro – quest’ultimo non contemplato nella cucina aristocratica del Sud- la presenza della ricotta e tuma, la copertura con la mollica fresca al posto del più povero pane raffermo. Quando parte dell’aristocrazia palermitana si trasferisce nelle sontuose ville della vicina Bagheria, lo sfincione comincia ad assumere l’identità del luogo, fino a rappresentarne ufficialmente la tradizione gastronomica. Tuttavia, dopo la seconda guerra mondiale il prezzo del pomodoro si abbassa notevolmente, diventando accessibile al popolo. Ed è proprio in questo periodo che dallo sfincione vengono eliminati quasi tutti gli ingredienti a favore della salsa di pomodoro. Nasce così la celebre variante rossa dello “sfincione palermitano”, un cibo di strada acquistato tra i vicoli e nei mercati. Diversa storia invece per la variante bagherese: nella tradizione popolare le famiglie portavano nei forni del quartiere gli ingredienti per creare il proprio sfincione con l’aiuto del maestro sfincionario.
Nel 2019, lo sfincione bianco di Bagheria riunisce i panificatori nella prima comunità Slow Food. Dopo aver dato vita ad un disciplinare di produzione dello sfincione, il progetto è diventato più ambizioso: ottenere il riconoscimento europeo con la certificazione STG, specialità tradizionale garantita. “Oggi, lo sfincione bianco di Bagheria è simbolo dell’eccellenza territoriale, oltre che espressione della storia, della cultura, delle tradizioni di un territorio, quello bagherese”, commenta Michele Balistreri, giornalista e referente della comunità Slow Food dei panificatori dello sfincione.

I migliori panificatori, tutti appartenenti alla comunità Slow Food di Bagheria, dove provare lo sfincione sono: Carlo Conti del Panificio Conti; Massimo Scaduto dell’Antica Forneria Scaduto; Maurizio Valenti dell’Antico Forno Valenti dal 1887; Gaetano Morici del Panificio Elitè; Giampiero Pecoraro del panificio Don Pietro; Vita Gagliano del Panificio La Spiga; Gabriele Ragusa del Forno Ragusa e Michele Mancino del Panificio Mancino. Inoltre, Lo chef-patron del ristorante stellato I Pupi di Bagheria, ha reso omaggio alla sua città con Ricordo di sfincione, un’audace evoluzione che diventa una morbida preparazione al cucchiaio, composta da una base di ricotta guarnita di briciole di pane fresco tostate e condite con concentrato di pomodoro, olio e acciuga. Sopra c’è un air bag di pasta di pane, che dopo la rottura versa un ripieno di crema di tuma, acciuga e cipolla.
A questo tipico piatto è dedicato lo “Sfincione Fest”, giunto nel 2021 alla sua quinta edizione. La manifestazione, organizzata dall’associazione La Piana D’oro e da Slow Food Bagheria con il patrocinio dell’Assessorato Regionale al Turismo e del Comune di Bagheria, intende proseguire il percorso per tutelare, promuovere, valorizzare e tramandare il valore storico, culturale, sociale ed economico dello sfincione bagherese come prodotto tipico del territorio.